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sabato 20 maggio 2017

SPLENDORE (E MISERIA) NELL'ERBA


Che cosa hanno in comune Torino e Venezia? Be', niente, direte voi. E invece no. Nella città lagunare, soprattutto nel tardo autunno, si verifica il fenomeno dell'acqua alta. L'innalzamento del livello dell'acqua in laguna causa l'allagamento di piazze e calli e cittadini e turisti sono costretti a transitare su passerelle di legno e a indossare alti stivali. Nel capoluogo subalpino l'evento, diverso ma pur sempre dovuto a cause naturali e sulle quali l'uomo non ha nessun influenza, si verifica invece in tarda primavera: l'erba inizia a crescere a dismisura e diventa sempre più alta, invadendo parchi, aiuole e anche qualche piazza. Di fronte a tale fatto le amministrazioni cittadine sembrano essere del tutto impotenti. Anzi, il fenomeno dell'erba alta è stato addirittura fatale a una di esse.
"L'erba non è affatto alta" affermava l'allampanato vecchio sindaco, provocando costernazione tra i suoi sostenitori.
"L'erba non è per niente alta" dice la nuova sindaca spilungona, suscitando approvazione tra i suoi seguaci.
E di nuovo si rischia di cadere nell'erba, un tuffo in quel manto abbondante e in apparenza morbido che si può invece rivelare assai coriaceo.
Transito in una via di periferia, proprio una di quella periferie che, a dispetto delle tante promesse, non ha ancora intrapreso un percorso di rinascita. Scorgo una minuscola e malinconica aiuola. In mezzo c'è un'unica panchina, sbiadita e in parte rotta, sulla quale sonnecchia un signore anziano. Il poveretto è completamente circondato dall'erba, alta più di un metro. Mi allontano triste da quello spettacolo di desolazione.
Si sa, è inutile fare denunce se queste non sono accompagnate da proposte. Che cosa si può fare, in concreto, per combattere e sconfiggere questo fenomeno che da troppo tempo accompagna le primavere torinesi? Per prima cosa occorre rivolgersi agli esperti. Interpello a tale proposito il professor Caproni, docente di zoologia rupestre all'Università di Capri, il quale spiattella la sua soluzione.
"Capre" dice lo studioso. "Le capre brucano l'erba" spiega.
Sono perplesso. Secondo lo specialista, per una città come Torino occorrerebbero circa novecentomila capre, una per ogni abitante, per risolvere il problema. Troppe, in ogni caso, per le esigue finanze cittadine. E poi sorgerebbe la questione della collocazione degli ovini durante il periodo invernale. Le capre dovrebbero essere ospitate negli appartamenti privati, nelle scuole e negli uffici pubblici. Ho l'impressione che non si possa fare. Ci dovremo tenere l'erba alta, e ricorrere ai soliti e ormai collaudati accorgimenti: quando ci si reca in aiuole e parchi pubblici bisogna sempre essere muniti di panga o machete,  i cani devono essere tenuti al guinzaglio e i bambini assicurati con una robusta fune, per evitare di smarrirli tra il manto erboso.
Chiudiamo con una piccola consolazione e con un proposito per il futuro. La ragione di conforto: Torino è una tra le città più verdi d'Europa (grazie all'erba). L'intendimento: il prossimo sindaco dovrà essere di bassa statura.

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