Era tutto come l'altra volta.
La piccola località montana, mio luogo di vacanza da tanti anni,
era gremita di gente. Quel giorno c'era la festa del paese. In piazza c'erano
numerose bancarelle di prodotti tipici, soprattutto alimentari, come pane, salumi
e formaggi. Su un lato era stato allestito un ballo a palchetto, dall'altra
parte erano state disposte alcune file di sedie: stava per iniziare il concerto
del coro degli alpini.
Proprio come l'altra volta.
Mi avvicinai a una panca dove era seduta una ragazza. L'avevo
riconosciuta. Antonella portava gli occhiali, e tutto in lei era sottile: i
tratti del viso, i capelli, l'intero corpo. Ogni estate mi innamoravo di lei,
poi la dimenticavo. L'anno successivo, appena la rivedevo, qualcosa scattava
dentro di me, e riprendevo a desiderarla. E così accadde anche quell'anno ma, soprattutto,
anche quella volta.
"Ciao Antonella, ti ricordi di me?"
"Oh, certamente. Come stai? Perché non mi hai mai
telefonato? L'avevi promesso."
Antonella era una ragazza che non amava i giri di parole. Nelle
sue espressioni era netta, decisa.
"Ti chiedo scusa" risposi, un po' mortificato.
"Sei un vero balordo" disse sorridendo. Poi prese la
mia mano tra le sue. Antonella non serbava mai rancore.
"Ehi! Le tue mani sono caldissime. Scottano!"
"E sono anche morbide?"
"Morbidissime!"
"Sei un gran bugiardo. Guarda" disse, indicando la
spalla nuda.
"Che cos'è?" domandai.
"Scemo. Non vedi? Un tatuaggio".
"Oh! Bello! Che cosa c'è scritto? Il mio nome?"
"No, il mio" rispose lei.
"Il tuo? Fammi vedere."
Guardai, le accarezzai la spalla. Lei lasciò fare.
"Nessuno ti chiederà più come ti chiami" commentai.
"Perché? Pochi sanno che quello è il mio nome. Potrebbe
essere quella della mia amata..."
"Vero" risposi, un po' rabbuiato. Senza conoscerne la
ragione.
"Vuoi ballare?" domandò all'improvviso. In lontananza
i musici stavano suonando gli ultimi pezzi, in attesa del coro.
"No" risposi. Poi notai che le dita della mia mano
destra erano macchiate di nero.
"Devo andarmi a lavare" dissi.
"È il mio tatuaggio" disse lei, sogghignando.
"Che cosa?"
"L'avevo appena fatto. Sai, non è di quelli che
durano..." poi scoppiò a ridere. Accidenti, come mi piaceva quella sua
risata squillante.
"Torno subito" dissi. Non scappare.
"Chissà..." disse Antonella, passandosi la lingua
sulle labbra... sottili.
Mi diressi verso l'osteria, alla ricerca dei servizi.
Come l'altra volta.
Entrai nell'antibagno e vidi che c'era una persona, accovacciata
accanto al lavandino. Stava trafficando con una presa elettrica, che in parte
aveva smontato. Quando si voltò la riconobbi.
"Viviana!"
"Ciao" rispose lei con una voce strana. Tra le labbra
aveva una vite.
"Quando sei arrivata?"
"Ieri sera".
Viviana era l'altro mio grande platonico amore. La conoscevo da
tanto tempo, eravamo amici, forse anche qualcosa di più, ma un vero e proprio
rapporto sentimentale tra noi non era mai decollato. Probabilmente perché mi
piaceva troppo, cercavo di giustificarmi (o forse perché io non le piacevo
abbastanza).
"Ehi, fai attenzione con quei fili" dissi.
"Stai zitto. Lo sai che sono laureata in ingegneria, vero?"
"Sì, ma non da molto. E poi fare l'elettricista è un'altra
cosa".
Viviana, più di ogni altra cosa, amava studiare.
"Uomo di poca fede" disse risistemando la presa e
accendendo la luce. "Funziona".
"Brava. Allora ne approfitto per lavarmi le mani".
"Dopo vieni con me ad ascoltare il coro?"
"D'accordo. Fuori c'è anche Antonella che aspetta"
dissi.
"Antonella? E chi è?" domandò Viviana, di colpo scura
in viso.
Merda! Non doveva andare così. L'altra volta le due ragazze si
conoscevano! Erano ottime amiche. E adesso? Adesso ero disorientato. A tutti
dovrebbe essere consentito di rivivere un episodio della propria vita, e a me assurdamente
stava capitando. Ma i fatti dovrebbero svolgersi esattamente come la volta
precedente, affinché il ricordo possa essere rinnovato. E nient'altro.
Mi asciugai le mani. Viviana adesso era in piedi, e accanto a
lei si era materializzata Antonella. Le due si guardavano in cagnesco. Sembrava
si odiassero, che fossero nemiche. Rivali!
"Devi scegliere" disse Antonella.
"Subito" ribadì Viviana.
"Scegliere?" dissi.
"Tra noi due, adesso".
"Ma io non posso scegliere così, su due piedi. Lo sapete, mi
piacete entrambe, e ho bisogno di tempo per riflettere."
"Riflettere?" dissero le due ragazze, quasi in coro,
con tono sprezzante. "Questa è la seconda volta, e tu in realtà sei
vecchio, e hai avuto tutta la vita per riflettere!"
Poi mi sputarono addosso.