Lo osservo. Appare
stanco, turbato, smanioso di stare da solo. Esibisce un distacco obbligato,
inevitabile conseguenza dell'accettazione degli eventi, immagine mesta di paziente
rassegnazione.
So quale sarebbe il suo
desiderio. Vorrebbe parlare spiegare chiarire precisare. Lo ha già fatto tante
volte, e ogni volta ha aggiunto una nuova considerazione; la sua analisi è stata
scrupolosa e attenta, sebbene imperfetta, poiché è ben consapevole che
l'obiettività, in questi casi, non può esistere. Nessuno, e tanto meno lui
stesso, è in grado di produrre, e garantire, riguardo a quelle specifiche
vicende, un'opinione imparziale, un giudizio al di sopra delle parti. Proprio
per questo le sue interpretazioni, i suoi commenti, le sue puntualizzazioni e le sue evidenze non
sono mai state espresse, rese esplicite e comunicate a una platea, a un
pubblico di individui interessati che pure esiste e che attende, più o meno
dormiente ma sempre pronto a riaccendersi, a dibattere e valutare e giudicare. E,
perché no, a divertirsi e svagarsi e rallegrarsi al riparo di un non
coinvolgimento che tuttavia può essere effimero. No, quasi nulla è trapelato
dalla sua persona per riversarsi nella fornace, nel tritatutto, nella pressa,
dove tutto si fonde si frantuma si appiattisce. È davvero necessaria la sua
versione? Rivolta a chi, poi? La verità, in fondo, non esiste, perché è
filtrata dalla soggettività di ognuno. Tocca affidarci alle circostanze, quando
ne siamo informati, e applicare ad esse i nostri strumenti di misurazione
difettosi e scadenti.
Lo scruto. Sembra
stremato, in una condizione prossima alla completa prostrazione. Non lo invidio,
ma neppure lo commisero. Poteva capitare anche a me, in realtà è già accaduto
anche a me.
Sono il suo migliore
amico e sono a conoscenza di tutti i fatti, perché almeno tra noi due un
livello minimo di confidenza ancora esiste, conosco tutto tranne i suoi
pensieri. Nel suo sguardo, che cerca di evitare il mio, colgo amarezza e
frustrazione, indovino altresì irritazione e disappunto, l'intero coacervo di
percezioni ed emozioni e sentimenti presenti in chi avverte un'impressione di
ingiustizia, difficile da definire, e impossibile da affrontare combattere e
sconfiggere.
Mi avvicino. Finge
giovialità, dissimula in maniera eroica, la sua applicazione è ammirevole e
quasi commovente.
Mi siedo di fronte a
lui e subito comprende le mie intenzioni, propositi che apprezza ma che non è in
condizione di assecondare. È troppo debole, e fragile oltre misura. Insisto, lo incoraggio ma lui scuote il capo. Non ne ha voglia, non ne ha la forza. Eppure
devo.
"Ti va di parlarne
ancora?" domando.
Mi guarda.
"No, meglio di
no" dice.
Mi dispiace ma dovrete rassegnarvi, la versione di Barney non la conoscerete mai.