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domenica 31 gennaio 2021

I GIUSTI

Ogni giorno, al risveglio, il suo primo pensiero è sempre lo stesso: la fine del mondo. L'uomo, dopo avere aperto gli occhi, si domanda mattino dopo mattino perché l'umanità, a dispetto della sua natura corrotta e malvagia, continui a esistere. La risposta è sempre la stessa: il merito è dei giusti, una esigua minoranza di esseri illuminati i quali, con i loro piccoli e in apparenza insignificanti atti quotidiani, rallentano e impediscono la folle corsa del genere umano verso l'autodistruzione.

L'uomo si alza e apre la finestra. Osserva le persone che camminano per la strada, si chiede se fra loro ci sia qualche giusto. Forse sì, oppure no. Loro sono così pochi. Non ne hai mai incontrato uno, oppure non è stato in grado di riconoscerlo.

L'uomo si avvia in bagno e, mentre si rade, guarda la propria immagine riflessa nello specchio. Il volto che vede, stanco e sofferente, con gli occhi ancora gonfi di sonno, è quello di un giusto? Non sa rispondere con esattezza, ma pensa di no.

Poi afferra la borsa ed esce per andare al lavoro. Durante il tragitto verso l'ufficio si ferma in un bar per fare colazione. Le persone che lo circondano sembrano tutte avere fretta. Ognuna di loro non bada agli altri. Tutti guardano senza vedere, concentrati soltanto sui propri impegni, chiusi nel proprio  egoismo, prigionieri della loro indifferenza. No, tra di loro non c'è nessun giusto, ne è sicuro.

Quando l'uomo arriva in ufficio si sente già stanco. L'umanità, da un po' di tempo, lo affatica. Si domanda se tra i suoi colleghi di lavoro possa esserci qualche giusto. Frequenta quegli uomini e quelle donne da tanto tempo, ne conosce i pregi e soprattutto i difetti. Nessuno di loro si distingue per bontà o generosità o per qualche altra rimarchevole qualità. In apparenza, comunque, sembrano essere tutti brave persone. Invece, appena offre loro la schiena, l'uomo viene pugnalato senza pietà. Nessuno di loro è un giusto. E neppure lo è il suo capo, un uomo che pensa soltanto a se stesso, al suo gretto tornaconto, che non perde occasione di umiliare i suoi collaboratori, di sopraffarli, di farli sentire inadeguati.

La giornata di lavoro trascorre lenta, vuota e triste. Finalmente giunge l'ora di scappare da quella prigione, la pena è sospesa fino all'indomani.

L'uomo si ritrova di nuovo per strada, tra la gente che cammina intorno a lui, fredda e distaccata. Cerca di incrociare gli sguardi delle persone, di cogliere in quella moltitudine di occhi indizi di amabilità, scintille di nobiltà umana, schegge di integrità. Invano. Rassegnato e sconfortato, l'uomo si dirige mesto verso casa. Un altro giorno è trascorso, un altro giorno inutile. Non ha incontrato nessun giusto. Si augura che non siano tutti scomparsi, che qualcuno di loro esista ancora, e che continui ad agire per il bene dell'umanità. In caso contrario, la fine del mondo sarà prossima e inevitabile.

 

domenica 17 gennaio 2021

DICE IL GATTO...


 

Esistono al mondo individui che si beano della propria ostinazione. Badate bene, però: non si tratta di ostinazione da intendersi quale caparbietà e tenacia, perseveranza nel perseguire delle finalità, bensì di testardaggine vera e propria o, peggio ancora, di volontà di sopraffare gli altri, di volere sempre avere ragione, di mettere il prossimo con le spalle al muro, rivendicando in tale modo una sorta di condizione di superiorità nei confronti dell'altro. Tutte caratteristiche che, in realtà, finiscono soltanto per sminuire questi individui.

Lo scrittore Natsume Sōseki, considerato il più grande autore del Giappone moderno, in una sua famosa opera fa esprimere il seguente pensiero al protagonista del romanzo, un saggio gatto:

"... spesso, un uomo crede di aver vinto perché ha ottenuto ciò che voleva, senza cedere, ma intanto il suo valore in quanto persona è calato. La cosa strana è che gli ostinati per tutta la vita considerano la loro testardaggine una qualità, e il dubbio che la gente possa disprezzarli, possa non considerarli degli interlocutori validi non li sfiora nemmeno. Sono creature felici. Di quella felicità che pare venga chiamata la felicità dei maiali".