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domenica 27 ottobre 2019

LA LIBRAIA


Capitai in quel piccolo paese quasi per caso. Da giorni stavo vagabondando lungo la costa, ero stanco del rumore e della confusione, allora decisi di spostarmi verso l’interno, alla ricerca di una maggiore tranquillità. Scelsi una direzione qualsiasi, guidai per circa un’ora e infine mi fermai in quella graziosa località, accolto da pace, silenzio e fiori multicolori appena sbocciati posti in tutti gli angoli dell’abitato. Consultai la guida turistica, alla ricerca di notizie e di una sistemazione per la notte. Poi scesi dall’auto. Avevo parcheggiato sulla piazza principale e, appena mi avviai, notai con sorpresa che tutti i negozi presenti sull’ampio spiazzo trattavano le stesso articolo: libri e fumenti usati. Anche le numerose bancarelle presenti esponevano soltanto libri. Piacevolmente compiaciuto – perché io adoro i libri – mi diressi verso il negozio più vicino, intenzionato a esplorarlo con attenzione, per poi passare al successivo.
“Ciao.”  
Mi voltai. A parlare era stata una ragazza. Minuta, bionda e graziosa. Indossava una maglietta bianca e una corta gonna di jeans. Ai piedi portava dei sandali con il tacco alto. Notai le sue gambe abbronzate.
Prima ancora che potessi rispondere al saluto, lei mi strinse la mano.
“Mi chiamo Natalie” disse con voce profonda, quasi roca, che mi sembrò inadatta a quel corpo minuscolo, ma che trovai molto sensuale.
“Giorgio” risposi.
Sempre tenendo la mia mano nella sua, lei appoggiò l’altra mano sulla mia nuca afferrando dolcemente i miei capelli tra le dita.
Sorpreso da quell’atteggiamento che considerai troppo confidenziale tra sconosciuti, non ebbi alcuna reazione. La ragazza mi accarezzò a lungo i capelli, mentre io continuavo a rimanere immobile. Poi si staccò.
“Ti piacciono i libri?” domandò, con quella voce che produceva in me piacevoli brividi.
“Sì, molto”.
“Vieni con me, ti porto nel posto migliore” disse, suadente.
Accennai di sì con il capo. Lei mi prese per mano e mi trascinò via dalla piazza, e mi guidò attraverso vie strette e sinuose, piccole e ripide scalinate, vicoli coperti, finché arrivammo a una bottega posta in un piccolo slargo di forma circolare. Vidi che di fronte a quel negozio ce n’era un altro, quasi uguale. Lei me lo indicò.
“Lo vedi quello? Non devi andarci. Mai. Me lo prometti?”
Imbambolato, risposi nuovamente di sì. Ero come soggiogato da quella ragazzina che di sicuro aveva meno della metà dei miei anni. Lei mi afferrò le braccia.
“Ascolta, adesso io devo andare, ma mi piacerebbe rivederti. Ti va?”
“Certo, perché no?” risposi, sempre in stato confusionale.
“Bene. Stasera, alle otto, vicino alla tua macchina.”
“D’accordo, ci sarò”.
La ragazza, che fino a quel momento aveva sempre mantenuto un’espressione seria, finalmente sorrise. Poi si sollevò sulla punta dei piedi e appoggiò le sue labbra sulle mie, in un rapido bacio. Quindi si voltò e si allontanò a passo veloce. Rimasi per un attimo ad ascoltare il suono dei suoi sandali sull’acciottolato irregolare del vicolo, ancora turbato. Alla fine mi ripresi ed entrai nel negozio che lei mi aveva indicato.
Il locale era molto buio e polveroso. Dietro a un enorme bancone di legno sedeva un vecchio che pareva assopito. Invece, al mio ingresso, schiuse gli occhi e, con un gesto plateale del braccio, mi invitò a esaminare la sua merce. Gli scaffali traboccavano di libri di tutti i generi, i piani piegati dal peso dei volumi. Notai edizioni rare di alcuni romanzi, che stavo cercando da molto tempo. Iniziai a frugare, in maniera frenetica, tra le pile di testi ammassati ovunque, tanto che per un po’ scordai la strana ragazza che mi aveva accompagnato in quel posto magico. Dopo un paio d’ore di fruttuose ricerche, avevo ammucchiato sul bancone del negoziante una ventina di volumi. Le dita delle mie mani erano nere, impolverate, ma ero molto soddisfatto. Pagai – poco, per la verità – e dissi al vecchio che sarei passato a ritirare i libri la mattina dopo. Lui annuì con solennità. Durante tutto il tempo della mia permanenza in negozio, non aveva pronunciato una sola parola. Né erano entrati altri clienti.
Uscii, e fui quasi abbagliato dalla luce del sole. Mi fermai, e notai che mi trovavo proprio di fronte all’altra bottega, quella che la ragazza bionda mi aveva pregato di non visitare. Quale poteva esserne il motivo? Ormai mi sentivo liberato dalla strana suggestione che aveva esercitato su di me, allora decisi di non rispettare la promessa. Tanto, pensai, lei non l’avrebbe mai saputo.
Risoluto, entrai nel negozio. Era completamento diverso dal precedente. Pulito, ordinato, luminoso. I libri erano sistemati sui ripiani in perfetto ordine, nulla era fuori posto. Tuttavia, nonostante il mio impegno nella ricerca, non trovai nulla di interessante.
“Posso essere utile?” disse una voce di donna. Si trattava della proprietaria che, entrando, non avevo quasi notato. Adesso la osservai meglio. Era di mezz’età, con i capelli biondi tagliati corti, gli occhi espressivi e un fisico ancora gradevole. Le gambe, generosamente esibite, erano molto abbronzate.
“No, grazie. Ho già visto ciò che mi poteva interessare” risposi. Però continuai a fissarla, il suo sguardo magnetico mi aveva catturato.
“Ha conosciuto mia figlia?” disse, tranquilla.
Sobbalzai.
“Come?”
“Eravate insieme. Prima, intendo. Vi ho visto.”
“Non sapevo che Natalie fosse sua figlia.”
“Non poteva saperlo”.
“No.”
“Le ha detto di non entrare qui, vero?”
“Sì, è vero. Come lo sa?”
Lei scrollò le spalle.
“Lo dice a tutti.”
“A tutti chi?”
“A tutti gli uomini, tutti quelli che abborda. Lo fa di continuo, quasi nessun turista riesce a sottrarsi al suo fascino. Pensi, neppure quelli accompagnati dalle mogli.”
Le sfuggì un risolino, poi ridivenne all’improvviso seria.
“Non capisco…” dissi. Ero imbarazzato.
“È malata, molto malata” spiegò. Il tono della sua voce divenne sempre più profondo.
“Natalie?” esclamai, in maniera stupida.
“Sì, e ormai avrà capito di che malattia si tratta. Lei però è stato più determinato di altri, non le ha obbedito”.
“No, sono una persona curiosa e che odia i divieti. Comunque, abbiamo un appuntamento per stasera.”
“Già, alle otto. Dove? In fondo al viale centrale oppure vicino alla sua macchina?”
Arrossii leggermente.
“Ci andrà?” aggiunse la donna.
“No, non ci andrò. Adesso capisco perché Natalie non vuole che nessuno parli con lei.”
“La ringrazio” disse lei. Poi uscì da dietro al bancone e mi si avvicinò.
“Grazie” ribadì, con voce sempre più roca.
Mi porse la mano destra, appoggiò l’altra sulla mia nuca, e iniziò ad accarezzarmi i capelli...