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martedì 6 marzo 2018

LA MONTAGNA DI ROTTAMI - 2° e ultima parte



Viveva in quella casa da tanti anni. Da sempre. Il lento declino dell'edificio era iniziato quando erano venuti a mancare i suoi genitori. Prima, tutto era più ordinato, più pulito. Erano rimasti soli, lui e sua sorella Domenica. Nessuno dei due aveva mai avuto la forza di fare qualcosa, di reagire a quella progressiva condizione di degrado. In quel momento la sorella non c'era. Era uscita, e di sicuro con il panettiere. Quel vecchio! Passava con la sua macchina quasi tutti i giorni. Si fermava, suonava il clacson ma non scendeva mai. E sua sorella prontamente accorreva. I due se ne andavano via insieme. I suoi amici, al bar, gli dicevano che il panettiere se la scopava. A questo, lui non sapeva che cosa ribattere. E allora si metteva a ridere. Una risata prolungata e agghiacciante, che metteva bene in risalto gli incisivi mancanti. A quel punto anche gli amici ridevano, e subito dopo recitavano in coro una specie di poesia. Lui riprendeva a ridere di gusto, ma in realtà era molto triste.
"Porcaccione di un panettiere, la Domenica lascia stare, porcaccione porcaccionaccio, fai dormire il tuo uccellaccio!"
Domenica non poteva di certo essere definita una bella donna. Magra, pelle smorta, del tutto piatta. I capelli, neri e spessi, pettinati con la riga in mezzo. A volte li raccoglieva in due trecce, come faceva da bambina. Si vestiva in maniera trasandata. Anche sotto era nera, lui l'aveva vista. Un giorno, senza pensarci, era entrato all'improvviso in bagno. E lei era lì. In piedi, completamente nuda. Nessuno dei due aveva parlato. Lui era uscito in fretta, colmo di vergogna. Prima di allora non aveva mai visto nessun'altra donna nuda. Al bar si parlava sempre di donne. Cioè, gli altri parlavano, lui si limitava ad ascoltare. Ogni tanto gli chiedevano di ridere, a comando, e lui eseguiva. In ogni caso gli sarebbe piaciuto andare con una donna. Non tante volte, come facevano o dicevano di fare i suoi amici, ma una volta sola. Questo perché pensava che vi fossero cose che occorre fare una volta sola. Le vacche devono essere munte tutti i giorni, l'erba deve essere falciata tre volte l'anno. Invece scopare va bene una volta sola, tanto per vedere com'è. Poi è sempre uguale. Non come faceva sua sorella, che invece scopava tutti i santi giorni! Però, per andare con le donne normali, bisognava prima fare altre cose. Parlare, andare al cinema, invitarle a cena. E lui non aveva voglia di fare tutte quelle cose lì. Non ne era capace, non aveva pazienza. Per fortuna c'erano le puttane. Lungo la provinciale, poco prima del ponte, ne vedeva sempre una. Proprio vicino al boschetto, seduta su un bidone rovesciato. In inverno la donna accendeva un fuoco per riscaldarsi. Era vecchia, ma aveva i capelli lunghi e biondi. Lui le passava accanto, lentamente, con il motocarro. La guardava, con un ghigno dipinto sul volto, quindi proseguiva. Dopo un po' tornava indietro, si avvicinava di nuovo e, all'improvviso, accelerava e si allontanava. Nel taschino della camicia teneva sempre i soldi pronti, ma non li aveva mai usati. Finché rimaneva sul motocarro si sentiva al sicuro da tutto. I suoi amici, al bar, gli avevano addirittura fatto credere che una volta era riuscito a impennare il motocarro. Forse era vero, forse no. Non ricordava bene perché quel giorno aveva bevuto parecchio. Ne era comunque derivata una specie di leggenda, che veniva raccontata e poi raccontata di nuovo, e lui ne era molto orgoglioso.
Si alzò. Aveva sete, tanta sete. Tornò in cucina, prese il bottiglione e iniziò a bere. Poi si ricordò di avere ancora una buona bottiglia di grappa, di quella fatta in casa. Prese anche quella e ritornò a letto. Continuò a bere: alternava vino, per dissetarsi, e grappa. All'improvviso crollò e si addormentò, fradicio di sudore. Durante la notte ebbe incubi terribili. E freddo, poi caldo e poi ancora freddo. Era ormai mattino quando si svegliò. Doveva alzarsi per andare al lavoro. Faceva l'operaio in una fabbrica di stampaggio metalli, mai una sola assenza in tanti anni. Si infilò gli scarponi, si passò un po' d'acqua sul viso. Chissà se sua sorella era finalmente rientrata. E chissà quando! Se ne fregò e uscì in cortile. Prima di salire sul motocarro diresse lo sguardo stanco verso la montagna di rottami. Lo faceva sempre, ogni mattina. Quella montagna era il suo tesoro.

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