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mercoledì 3 gennaio 2018

VACANZA AL CALDO


Beniamino aprì gli occhi e si meravigliò di essere ancora vivo. Scostò i cartoni e le coperte che lo coprivano poi, lentamente, si alzò in piedi. Era del tutto intirizzito. Dapprima sciolse le gambe, poi le braccia, infine le schiena. Poco alla volta riuscì a riattivare il suo corpo vecchio e stanco. Sentì prudere il cuoio cappelluto sotto il lercio berretto di lana. Mi sono pure preso i pidocchi, pensò. Alzò le spalle, quindi rimise in ordine il suo misero giaciglio. Guai se qualcuno gli avesse sottratto quelle povere cose, guai se quei bastardi dei vigili urbani lo avessero costretto a sgomberare, allora sì che sarebbe davvero morto. Afferrò la stampella che era appoggiata al muro e iniziò a camminare, zoppicando. Percorse un centinaio di metri sotto il porticato e raggiunse il bar. Non entrò, andò invece ad accomodarsi a uno dei due tavolini che erano posti fuori e che, a causa del gran freddo, ormai nessun cliente più utilizzava. Il ragazzo che gestiva il locale era una gran brava persona, tuttavia Beniamino preferiva non creargli dei problemi, dunque se ne stava fuori. Le poche volte che era entrato aveva notate le smorfie disgustate degli altri avventori. In fondo avevano ragione, dal momento che lui puzzava parecchio. Dopo pochi istanti si materializzò Dario, il barista. Posò sul tavolino di Beniamino un caffè fumante e un croissant. Beniamino, indicando l'invitante pasta, fece segno di diniego, poiché non se la poteva permettere. Nello stesso tempo tentava di contare, tra le dita intorpidite, alcune monete: il prezzo del caffè.
"Lascia stare, Beniamino. Va bene così" disse Dario con un sorriso, rifiutando il denaro.
Beniamino biascicò qualcosa, quindi inchinò più volte il capo in segno di ringraziamento.
Sì, quel Dario era proprio un bravo ragazzo, pensò Beniamino, e si meritava tutto il bene del mondo. E lui era sicuro che un giorno sarebbe riuscito a ricompensarlo, poco ma sicuro.
Confortato dal caffè e dal dolce, che gli avevano ridato un po' di energia, Beniamino riprese il suo vagabondaggio. L'uomo camminava lento, sia a causa della gamba offesa, sia perché il tempo non gli mancava. Decise di andare da Arrigo, per scambiare due parole, per sentirsi un po' meno solo. Arrancò per più di mezz'ora, finché non giunse al garage dell'amico. In realtà più che un vero e proprio garage quello di Arrigo era un minuscolo box. Lo aveva ereditato da un vecchio zio che era morto, del quale era l'unico erede. Da quel momento aveva lasciato la strada e si era trasferito a vivere in quel cubicolo.
Beniamino batté alcuni colpi con la stampella sulla lamiera della porta basculante del box.
"Chi è?" domandò una voce cavernosa.
"Sono Beniamino".
"Aspetta, ti apro".
Arrigo sollevò un poco la porta. Beniamino si chinò, con una certa fatica, e riuscì a scivolare nel piccolo ambiente. All'interno la temperatura non era di molto superiore a quella esterna, tuttavia ritrovarsi all'interno di quattro mura, benché di nudo cemento, dava al pover'uomo un senso di sicurezza che non provava mai. Il box era colmo di ciarpame, e lo spazio calpestabile era esiguo. C'era appena posto per una minuscola brandina, un vecchio tavolino quadrato e due sedie scompagnate recuperate chissà dove.
"Siediti" disse Arrigo. "Mi sembri stanco".
"Camminare mi affatica molto. Sai, la gamba..."
"E mi sembri pure mezzo congelato".
"In questi giorni il freddo è tremendo" disse Beniamino, sfregando le mani per riattivare la circolazione.
"Beniamino, sei un autentico testone. Perché non passi qualche notte all'asilo?"
"Nossignore, io al ricovero non ci vado. Ci sono troppe regole, e troppe persone sgradevoli. Piuttosto muoio congelato".
Arrigo scosse il capo, sconsolato.
"E tu, come te la passi?" domandò Beniamino all'amico.
"Di merda" rispose Arrigo. "Mi vogliono fare sloggiare" aggiunse, poi sputò a terra e vi passò sopra la scarpa più volte.
"Che cosa? Ma è casa tua!"
"Certo che è casa mia, ma loro, quei miserabili fottuti figli di puttana dei condomini, dicono che qui non ci posso vivere, che questo è un box e che quindi ci posso mettere soltanto l'auto".
"Ma le auto possono anche stare fuori, al freddo, mentre i cristiani se stanno fuori ci lasciano la pelle".
"Hai capito, Beniamino? Ti rendi conto in che mondo viviamo? Si preferiscono le automobili alle persone! E poi, tra l'altro, io la macchina mica ce l'ho!" Arrigo scoppiò in una risata catarrosa.
"Che tempi. Senti Arrigo, hai mica qualcosa da bere?" chiese Beniamino.
L'altro scosse il capo.
"Ti posso fare una bevanda calda. Ne hai bisogno".
Beniamino acconsentì. L'amico mise a scaldare un pentolino d'acqua su un fornello elettrico che era appoggiato sul tavolo, e il cui filo di alimentazione era collegato, in qualche misterioso modo, alla lampadina che spandeva una fioca luce nell'ambiente. Quando l'acqua bollì, Arrigo la versò in una grossa scodella che poi porse a Beniamino.
"Scusa, ma non ho nulla da metterci dentro" si giustificò Arrigo.
"Tutto va bene, pur di scaldarsi" rispose l'amico.
"Tu avresti bisogno di una bella vacanza" disse all'improvviso Arrigo.
"Eh? Una vacanza?"
"Certo, una bella vacanza in un luogo caldo".
"Sicuro" disse Beniamino. "Che ti pare dei Caraibi? Farà abbastanza caldo?"
"No, stavo pensando a qualcos'altro" disse Arrigo, che non stava affatto scherzando.
Beniamino se ne rese conto e guardò interessato l'amico.
"Spiegami" disse.
"Oh, c'è poco da spiegare" disse Arrigo. Poi si alzò e iniziò a frugare in un grosso sacco di plastica nero. Dopo molto rovistare estrasse una bottiglietta piena per un quarto di un liquido denso di color marrone.
"Bevi questo, tutto di un fiato, e la tua vacanza al caldo è assicurata" disse Arrigo.
"Ma..."
"No, non aggiungo altro. Ti devi fidare".
"D'accordo, Arrigo. Vuol dire che lo farò". Beniamino prese la bottiglietta, la stappò e ingollò il liquido tutto di un fiato, proprio come gli aveva detto di fare l'amico. La bevanda era amara, molto amara.
"E adesso?" domandò Beniamino.
"Adesso ti conviene uscire. Sai, fa effetto quasi subito".
"Quale effetto?"
"Ho detto niente spiegazioni" ribadì Arrigo.
"Va bene, come vuoi tu. Grazie amico" disse Beniamino. Poi si alzò, con l'aiuto di Arrigo sollevò la porta e si congedò.
"Buona vacanza!" gli augurò Arrigo.
Beniamino avanzò con fatica per non più di due isolati, dopodiché si bloccò all'improvviso, colto da un forte senso di nausea. Subito dopo subentrarono violenti crampi che gli squassarono il ventre. L'uomo, il volto imperlato di sudore freddo, impallidì, poi le forze gli mancarono. Ebbe appena il tempo di abbandonare la stampella, si inginocchiò a terra, poi si adagiò sul selciato della strada e perse i sensi. In un primo momento nessuno dei passanti badò a lui. Infine si avvicinò un omone distinto che reggeva una borsa di cuoio. Lo toccò con la punta della scarpa.
"I soldi per il vino lo trovano sempre" disse tra i denti, prima di allontanarsi disgustato.
Poi passò una ragazza. Osservò Beniamino a occhi spalancati, notò il filo di bava che colava dalle sue labbra smorte, si spostò si qualche metro e compose un numero sul cellulare. Altre persone finalmente si accostarono allo sventurato disteso a terra in posa scomposta.
L'ambulanza arrivò dopo pochi minuti. Ne scese una dottoressa con corti capelli biondi, accompagnata da un titubante ragazzo. La donna, con gesti sicuri, esaminò Beniamino, sempre privo di conoscenza. Si accertò che respirasse, poi si rivolse al suo aiutante.
"Lo portiamo via subito. Avvisa l'ospedale: codice rosso". L'altro eseguì, quindi i due soccorritori, aiutanti anche dall'autista, adagiarono Beniamino sulla lettiga e lo caricarono sul mezzo di soccorso. Partirono a sirena spiegata. Intanto, in tutto quel trambusto, Beniamino si era risvegliato. Si guardò attorno, smarrito.
"Dove sono?" riuscì a domandare. Due occhi azzurri si avvicinarono al suo viso.
"Stia tranquillo" disse la dottoressa. "La stiamo portando in ospedale". Poi Beniamino sentì una puntura sul braccio.
In ospedale! Beniamino socchiuse gli occhi, e si godette in pieno quel momento. I suoi pensieri corsero immediatamente al caldo tropicale delle stanze d'ospedale, ai pasti abbondanti (pazienza se non veniva servito il vino) alla premura delle infermiere. Si commosse.
"Il signore si è ripreso" disse la donna rivolgendosi al giovane volontario. "Chiama di nuovo l'ospedale: codice giallo. Forse si tratta di una banale intossicazione. Avrà mangiato qualche schifezza".
Poi mise una mano ricoperta dal guanto di lattice sulla spalla di  Beniamino.
"Vedrà, due o tre giorni al massimo e la rimetteranno in sesto. Potrà tornare subito a casa" disse a Beniamino. Alcune lacrime sgorgarono all'improvviso tracciando scie chiare sul volto sudicio dell'uomo.
"Guarda" disse ancora la dottoressa all'assistente. "È talmente contento che piange".