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sabato 19 agosto 2017

CITTA' DESERTA


Il vostro cronista si aggira, sotto il solleone di agosto e con il taccuino pronto, per le strade deserte della città. Cioè, a dire il vero non è che le vie e le piazze siano poi così spopolate. Insomma, c'è un sacco di gente: turisti, venditori di cianfrusaglie, bighelloni vari. Il fatto è che quel fetente del mio direttore, prima di partire per le sue vacanze in Corsica, mi ha detto: "Mi raccomando, non deve mancare un bell'articolo sulla città disabitata. Lo dovrai intitolare Deserto d'agosto". Non importa, vuol dire che fingerò che non ci sia anima viva, anche se non sarà facile. Mentre cammino tra la folla, urtato e spintonato di continuo, lascio spazio a qualche riflessione. Il nuovo sindaco ha compiuto un autentico miracolo: è riuscito a trattenere in città molte persone. La metropoli, a differenza di altre volte, è viva. Questi cittadini hanno deciso di non partire, di non andare in vacanza, per potersi godere appieno, in questi giorni di vacanza, le bellezze della loro città. E non si può dire, e tantomeno scrivere, che tutto ciò sia dovuto alla crisi economica che ancora persiste. No, la crisi non c'è più. Almeno, questa è la posizione ufficiale del mio giornale, che non condivido del tutto ma che devo necessariamente accettare, pena licenziamento immediato.
Ma adesso basta indugi, il vostro cronista ha deciso di procedere con alcune interviste. Individuo subito il mio uomo. Un tipo alto e biondo, distinto, abbastanza giovane. Porta occhialini tondi da intellettuale.  E dal suo aspetto ricavo che si tratta di sicuro di un indigeno, da decine di generazioni.
Lo avvicino.
"Buongiorno, le posso fare una domanda?" Lui sorride, gentile. E annuisce.
"In questi giorni nei quali la città è deserta, o quasi, la qualità di vita del cittadino migliora oppure, a causa dei minori servizi offerti, peggiora?"
"Sprtnkiy drtuk frjzp gttmntoll ell ausmjk" risponde.
"Eh? Scusi, ma non ho compreso bene".
"Grtyss aukhh!" ribadisce.
"Grazie".
Il vostro cronista ha fallito e si allontana con la coda tra le gambe. Ma non si dà per vinto. Vedo subito un'altra persona che fa al caso mio. Maschio, bianco, sulla sessantina. Indossa un cappello di paglia, una camicia felpata a grossi riquadri, pantaloni di fustagno. Ai piedi porta due robusti scarponi lucidati con cura. Ci siamo, questo è di certo un autentico indigeno.
"Salve, permette una domanda?"
"Lei è un giornalista?" mi chiede, con voce roca.
"Sì".
"Sta facendo uno di quegli stupidi servizi estivi sulla città deserta e balle varie?"
Sono costretto ad annuire.
"I lettori lo vogliono" spiego, un po' imbarazzato.
"So che cosa sta pensando di me" dice il tizio, mentre si accende una sigaretta senza filtro con un antidiluviano accendino a benzina.
"Che cosa?"
"Sta pensando: che cosa ci fa questo bel tomo in pieno centro città invece di essere nella sua malga?"
"In effetti è così" ammetto.
"E invece quest'anno niente alpeggio! Nossignore. Le vacche sono rimaste in pianura, chiuse nella stalla". Poi abbassa la voce e prosegue.
"La malga la sto facendo ristrutturare. Lavori in corso".
"Ah, capisco. La montagna! Tutto sta cadendo a pezzi, i luoghi alpini sono sempre più spopolati".
"Neanche per sogno! Che cosa ha capito? La malga non è utilizzabile perché sto facendo costruire una piscina".
"Una piscina? A duemila metri?"
"Duemilacentocinquanta, per la precisione. Certo, una piscina. Ha mai provato a passare tre mesi senza avere la possibilità di fare una nuotatina? Be', io ci soffro. E poi la piscina servirà anche da abbeveratoio per le vacche".
Sono sbalordito, e provo a cambiare discorso.
"Si aspettava di incontrare così tanta gente?"
"Eh? gente? Ma non c'è quasi nessuno". Le sue parole mi rincuorano un po', ma so che la realtà è ben diversa.
"Si guardi intorno" suggerisco a malincuore.
Lui lo fa.
"C'è qualche muso giallo con la cartina in mano, e poi ci sono soltanto moru".
Scuote le spalle, poi aspira una boccata dalla sigaretta pestilenziale.
"Moru? Che cosa intende? Persone di colore? Lei per caso è un suprematista?"
"Eh?"
"Un razzista" preciso.
"Razzista? Io? No, non sono per niente razzista. Per me tutte le razze sono uguali. Guardi, ho avuto sia le frisone che le pezzate nere e mi sono trovato bene con entrambe".
"Ma quelle sono vacche!"
"Vacche, cristiani, musulmani, tutto uguale. Razzista! A me! E adesso mi scusi, devo andare. Si sta facendo tardi. Ho già visitato un sacco di musei ma non mi voglio perdere la mostra di Franco Fontana". E il bovaro se ne va lasciando una scia di fumo azzurro. Il taccuino del vostro cronista è rimasto bianco.

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