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sabato 24 dicembre 2016

DIMISSIONI


L'Italia è tristemente nota per essere il paese in cui nessuno si dimette. Non dimettersi significa non assumersi la responsabilità del proprio operato. Non dimettersi evidenzia non ammettere mai i propri errori o torti. Non dimettersi, di fronte a fatti manifesti, vuol dire palesare la propria sfrontatezza, l'incredibile impudenza.
Non si dimette il ministro Poletti, che ha rivolto ai giovani costretti a lasciare, per motivi economici, il loro paese, frasi sprezzanti e offensive. Ciò ha causato grave imbarazzo alla sua parte politica di riferimento, ha scatenato la reazione indignata e forte dei giovani che si riconoscono in quello stesso partito. Sono arrivate le scuse, certo, come sempre capita in questi casi. Scuse chissà se davvero sincere, la cui eventuale schiettezza potrebbe essere accolta soltanto nel caso di contemporaneo disimpegno dall'incarico ricoperto.
Non si dimette la neo-ministra dell'Istruzione Fedeli, colpevole non di non avere conseguito la laurea, che non sempre è attestazione di preparazione, capacità e merito, bensì di avere mentito, indicando sul proprio curriculum tale titolo di studio. Non ci si può fidare di una donna delle istituzioni che altera la verità, che soffre di complessi di frustrazione.
Non si dimette l'ex governatore della Regione Lombardia Formigoni, condannato in primo grado per fatti corruttivi. L'attuale senatore, che ricopre tra l'altro un importante incarico parlamentare, e che si è sempre proclamato fervente cattolico, non teme affatto di affondare in una melma di menzogne e ipocrisia. La sua spavalda sfrontatezza non ne è stata per nulla intaccata.
Non si dimette la sindaca di Roma Raggi, esserino impreparato, inadeguato e incapace mandato allo sbaraglio da un movimento politico a sua volta manchevole, confuso e oscuro. La povera donna, che sembra non rendersi conto della propria penosa situazione, continua comunque a fare sfoggio della sua antipatica tracotanza, e ciò le impedisce di compiere il solo gesto che potrebbe ancora salvaguardare quel poco che rimane della sua dignità di persona: andarsene.
In verità, negli ultimi tempi, c'è stato un personaggio politico che è andato controcorrente. E naturalmente è stato massacrato, come sempre capita a chi ha il coraggio di distinguersi. Si tratta dell'ex Presidente del Consiglio Renzi. Al di là di simpatie o meno, e di probabili e facili accuse di partigianeria, rimane un fatto nudo e crudo: la sua poltrona è vuota. Anzi, è già occupata da altra persona. Renzi non ha rubato, non ha corrotto, non ha mentito, e proprio per questo avrebbe potuto rimanere incollato a quella sedia che con grande fatica, impegno e buona dose di discutibile spregiudicatezza, era riuscito a conquistare. Invece non lo ha fatto, se n'è andato semplicemente perché ha perso. Forse ci ritornerà, su quella poltrona, tuttavia dovrà rinnovare i suoi sforzi, sgobbare di nuovo. Renzi, in ogni caso, rappresenta un cattivo esempio per tutti quelli che invece non si dimettono mai.

domenica 18 dicembre 2016

PREFERENZA


Non illudetevi: non avrete mai la possibilità di esprimere il vostro voto di preferenza a favore di quel vostro vicino di casa onesto e rispettabile che fa il falegname, non potrete mai votare per quel bonaccione di vostro zio Nicola, oppure per il vostro simpatico cane Tommy. No, questo non si verificherà mai. Mai vi si presenterà l'occasione di votare in tale maniera, illusoria e soltanto in apparenza libera. Si discute molto sull'opportunità di reintrodurre il voto di preferenza sulla scheda elettorale. Si tratta di un dibattito molto acceso che, in realtà, non conduce a nulla se non a rafforzare e alimentare uno dei tanti falsi miti della democrazia: la preferenza. La scelta dei candidati è fatta dai partiti, organizzazioni indispensabili di intermediazione tra rappresentati e loro rappresentanti. Dei partiti, in un sistema politico davvero democratico, non se ne può fare a meno. Condizione essenziale, naturalmente, è che i partiti siano plurali. È indispensabile quindi che gli elettori si affidino ai partiti riguardo alla selezione della classe politica che li dovrà rappresentare. Quando l'elettore esprimerà il proprio voto alla lista prescelta, in quel voto dovrà essere implicito il giudizio sulla bontà o meno del processo di selezione attuato. Tra avere la possibilità di non esprimere alcuna preferenza (è il caso delle liste bloccate) oppure quella di poterne esprimere una (le preferenze multiple sono state bocciate anni fa da un referendum abrogativo, per ovvi motivi legati al loro favorire corruzione, clientele e voto di scambio) la differenza è minima, in ogni caso di scarso rilievo. Ciò che conta veramente è la qualità del processo di selezione della classe politica che, come detto, non può che essere operato dai partiti e sottoposto alla verifica degli elettori attraverso il voto. E, di conseguenza, occorre evitare derive minoritarie, fantasiose e anche pericolose comunque incompatibili con un sistema politico democratico, quali la scelta di candidati per mezzo della rete, opzione tanto cara a un certo movimento politico.
Non illudetevi: con il voto non potrete mai scegliere il vostro vicino di casa, quell'amabile persona che continuerà a fare il falegname, mestiere in cui è tanto bravo. E neppure preferire il buon zio Nicola, che seguiterà a godersi la meritata pensione. Tanto meno toccherà al vostro amato cagnolino Tommy, perché cani in politica non ce ne sono, mentre purtroppo continueranno a esistere tanti politici cani, scelti o meno con il voto di preferenza.

domenica 11 dicembre 2016

IL MONUMENTO


I colpi alla porta, secchi e insistiti, interruppero il suo sonno. Il campanello, cazzo! Perché non usate il campanello? C'è proprio bisogno di fare un tale baccano? Si alzò a sedere sul letto mentre le mazzate sull'uscio continuavano. Si accorse di avere come un cerchio alla testa, reso ancora più tormentoso dal fracasso. Scese dal letto a fatica e indossò una pesante giacca da camera. Faceva freddo e fuori era ancora buio. Accese la luce e guardò l'ora: erano le cinque del mattino. Si passò le mani sugli occhi cisposi, poi si lisciò all'indietro i capelli grigi e ribelli. Scalzo, un po' claudicante, andò nell'ingresso. Risuonò una voce imperiosa.
"Aprite! Polizia federale! Aprite subito altrimenti..."
Aprì di scatto la porta.
"Altrimenti sfondiamo la porta" disse. Si trovò davanti due uomini in completo scuro, uno alto e magro, l'altro basso e tarchiato. I due fecero irruzione in casa, quasi lo travolsero. Poi lo afferrarono e lo guidarono verso una poltrona. Non oppose alcuna resistenza. D'altra parte, che cosa poteva fare un anziano scultore di fronte a quei due indemoniati energumeni?
"Non cambiate mai" disse, mentre i poliziotti lo costringevano a sedere.
"Stia zitto" gli intimò lo spilungone. Poi estrasse dalla giacca un foglio spiegazzato.
"Signor McGregor, abbiamo un mandato di perquisizione" aggiunse, quindi fece un cenno al compare, che si rimboccò le maniche svelando avambracci pelosi e grossi quanto cosce.
Lo scultore alzò un braccio.
"Aspettate" intimò, con voce ferma. I due si bloccarono.
"Le abbiamo detto di stare zitto" disse il perticone. McGregor lo ignorò.
"Voglio soltanto aiutarvi, evitare di farvi perdere tempo".
L'altro sospirò.
"Dica".
"Andate nel mio studio. Sulla scrivania troverete ciò che state cercando".
Il bassotto trottò verso lo studio. Fu subito di ritorno. In mano aveva alcuni fogli, una piccola pila di volantini. Ne porse uno allo stangone.
"È arabo" esclamò dopo averlo scorso.
McGregor sorrise.
"Vuol dire che non ne capisce il senso oppure che è scritto in lingua araba?" domandò.
Per tutta risposta il poliziotto gli afferrò i lembi della vestaglia e lo strattonò.
"Non faccia il furbo, McGregor! Che cosa c'è scritto su questi pezzi di carta?"
Lo scultore di divincolò dalla stretta. Riappoggiò la schiena alla poltrona.
"C'è scritto proprio ciò che pensate voi" disse.
"Ce lo dica lei".
"Si tratta di materiale di propaganda a favore della jihad"disse lo scultore.
"La nostra segnalazione parlava proprio di questo. Lei è un terrorista, McGregor?"
Il vecchio scoppiò a ridere.
"Guardatemi, vi sembro forse un terrorista? Se non mi aiuterete voi credo che non riuscirò mai a sollevarmi da questa poltrona".
"Dovremo comunque perquisire il suo appartamento" disse il lungo.
"Certo, ma con calma. In ogni caso non troverete altro".
"Con quali modalità lo stabiliremo noi. Il fatto è che lei è nei guai, signor McGregor. Come ha avuto questi volantini?"
"Non ricordo. Me li ha dati qualcuno tempo fa. Un amico, credo" rispose lo scultore.
"Un anno fa lei è stato in Medio Oriente. Siria, Irak e altri paesi dell'area. Che cosa ci è andato a fare?"
"Oh, io viaggio molto. Anzi, lo facevo. Attualmente le mie condizioni fisiche non me lo permettono più".
"Lei è in arresto, McGregor" aggiunse il magro.
Lo scultore alzò le spalle. Sembrava indifferente alla sua sorte.
Il tarchiato si avvicinò al vecchio. Gli puntò contro l'enorme indice.
"Lei è un pervertito! Un depravato! Un pedofilo!" Urlò sputando saliva ovunque. Fino a quel momento non aveva ancora parlato.
"Calmati, Tom" lo rimproverò il compagno.
L'altro non desistette.
"È un degenerato!"
Lo scultore scosse il capo.
"Posso conoscere le ragioni di tale livore, signor poliziotto?"
L'altro proseguì a parlare e a sputare, sempre gridando.
"Lei sa bene a ciò che mi riferisco. A quella sua dannata scultura! Il monumento!"
McGregor strizzò gli occhi miopi.
"Il monumento alla gioventù? Ma il monumento non è ancora stato inaugurato! Lo sarà tra tre giorni, e finora nessuno lo ha ancora visto, tranne il sottoscritto e, in via del tutto riservata, il presidente".
"Noi abbiamo visto i bozzetti".
"Che cosa?"
"Noi sappiamo tutto e vediamo tutto" disse il giraffone. "Il nostro compito è quello di proteggere i cittadini, e lo possiamo eseguire soltanto conoscendo tutto".
McGregor si finse offeso.
"Ditemi, allora" disse, rivolgendosi in particolar modo al tracagnotto. "Anche il mio e vostro presidente è un depravato? Lui ha approvato il mio lavoro. Fra tre giorni, all'inaugurazione, lui sarà seduto in prima fila, accanto a me!"
Il lungo si chinò e avvicinò il volto a quello dello scultore. Parlò a bassa voce, scandendo bene le parole.
"Noi siamo al servizio del presidente, non lo giudichiamo. Inoltre le rammento che lei non parteciperà all'inaugurazione. Lei sarà in galera e, me lo lasci dire, mi auguro che ci rimarrà a lungo".
McGregor fu profondamente colpito da quell'affermazione quasi sussurrata. Il suo viso, di colpo, sembrò subire una trasformazione. Divenne di colore grigio, le rughe si accentuarono, i suoi occhi diventarono acquosi.
Quell'uomo aveva ragione. Non avrebbe partecipato all'inaugurazione del monumento. Non sarebbe stato presente quando la grande scultura sarebbe esplosa, quando il potente ordigno collocato al suo interno e collegato a un dispositivo a tempo sarebbe deflagrato investendo tutte le personalità presenti, compreso il presidente, e avrebbe fatto scempio dei loro corpi. No, lui non ci sarebbe stato, sarebbe stato in prigione, da dove i suoi avvocati lo avrebbero prima o poi tirato fuori, ma non abbastanza in fretta. Il suo martirio non sarebbe avvenuto. Era rimandato, o forse non ci sarebbe stato mai più.