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domenica 20 novembre 2016

TIRI IN PORTA

E arriva il momento in cui tutti, uno dopo l'altro, se ne vanno. Perché la serata di svago è giunta al termine, perché fa freddo, perché ci sono degli impegni familiari inderogabili, perché la vita è complicata. E tu rischi di rimanere lì da solo, in mezzo a quel campetto di periferia, coperto di sudore, se non fosse per il tuo amico Giorgio, che ha compreso la tua difficoltà e decide di tenerti compagnia ancora un po'.
"Facciamo ancora qualche tiro in porta" propone, e tu acconsenti con gioia. Poi lui si piazza tra i pali.
Tu cominci a tirare, a destra, a sinistra, sotto e oltre la traversa, rasoterra, al volo, e di esterno e di interno e di collo pieno, cercando di sorprendere Giorgio che a volte si butta e altre rimane impassibile a guardare il pallone che gonfia la rete.
E mentre calci con forza e sfoghi così tutta la tua apprensione, tutta la tua rabbia, pensi.
Pensi a quando la prossima estate tornerai in quella fattoria, quella dei genitori di tua moglie, da dove manchi da un paio d'anni, da quando tu e tu e lei vi siete lasciati. Ma adesso ci ritornerai perché, dopo tutti quei dissapori e quelle incomprensioni, quegli sfoghi e quelle parole dure scagliate, sussurrate e gridate, adesso state di nuovo insieme, vi siete riappacificati e vivete di nuovo sotto lo stesso tetto. E allora ti tocca tornare in quel posto che non ti è mai piaciuto molto, dove ti sei sentito sempre un po' un estraneo, una impalpabile presenza, un sopportato. E magari incontrerai il fratello di tua moglie, quello più anziano e molto serio, che ti accoglierà con un ironico sorriso di circostanza, e ti dirà di fare attenzione, ti dirà di non appoggiare la giacca sulla panchina, ti dirà di non farlo perché la panchina è stata appena verniciata, e nei punti in cui la vernice non è stata stesa con la necessaria cura può essere ancora fresca, e ti potrebbe macchiare la giacca. Non vorrai mica macchiare la giacca, caro cognato? E di nuovo quel sorriso da faina, colmo di scherno e di derisione. E poi ti imbatterai in Nicola, l'altro fratello, quello giovane e simpatico che, nonostante tutto, ti accoglierà con un sorriso, circondato dai soliti amici e che ti inviterà a fare una passeggiata con loro. Ma tu rifiuterai, perché non sei pronto, perché non ne hai voglia, perché non vedi l'ora che tutto ciò finisca. E infine tua suocera, la tua anziana suocera, che ti squadrerà con severità dalla soglia di casa, che ti domanderà se stai bene, che non farà alcun cenno a ciò che è accaduto tra te e sua figlia, ma che ti ha già giudicato e condannato. Tu le chiederai di suo marito, perché non l'hai ancora visto e temi quell'incontro, temi l'imbarazzo, paventi il suo sguardo arcigno e intransigente, il suo silenzio.
"Adesso mettiti tu in porta" dice Giorgio, e ti riscuote dalle tue amare riflessioni.
"D'accordo, ma soltanto se tiri piano" rispondi. Ti accomodi tra i pali. E ricominci a pensare.
Pensi a Graziella. Pensi che non l'hai lasciata e che stai ancora con lei. E che tua moglie lo sa, anche se finge di non sapere. Ti ha ripreso con sé nonostante tutto, perché non voleva perdere, perché ti considera sua proprietà, e per questo è disposta a condividerti, l'importante è che tutto ciò avvenga nell'ombra. Ma Graziella soffre, è titubante, è piena di dubbi. Ogni giorno mette in discussione il vostro rapporto, quel rapporto così strano, e ti accusa di essere debole, di non essere in grado di decidere, minaccia di piantarti ma poi non lo fa mai. E tu sai che invece vuoi stare con lei, avevi già scelto di farlo ma poi sei ritornato sulla tua decisione anche se non ne conosci il vero motivo. Forse è perché sei davvero fragile, come afferma tua moglie, oppure perché non vuoi scontentare nessuno e invece scontenti tutti, e alla fine rendi la tua vita, e quella degli altri, un inferno.
E quando ti distrai un attimo e la pallonata scagliata con la consueta violenza da Giorgio, nonostante le raccomandazioni, ti colpisce in piena faccia dai tuoi occhi escono lacrime di dolore, un dolore che non è soltanto fisico, ma che esprime anche tutta la sofferenza dell'anima.

sabato 12 novembre 2016

FREEZER


Si svegliò tutto intirizzito. Guardò l'ora: erano le quattro del mattino. Decise di alzarsi per andare in bagno. Appena appoggiò i piedi a terra si rese conto che il pavimento era gelido. Rabbrividì. Entrare in bagno fu come entrare in un frigorifero. Urinò osservando con stupore il sottile strato di brina che si era formato sulle piastrelle. Azionò lo sciacquone ma non accadde nulla. Sollevò il coperchio del serbatoio: l'acqua era in parte gelata. Scosse il capo, poi andò a controllare la caldaia. Era accesa al minimo, anche se in apparenza non produceva alcun effetto. Alzò la temperatura al massimo.
Il giorno prima, alla radio, avevano detto che ci sarebbe stata una lieve diminuzione della temperatura. Si erano sbagliati, come accadeva spesso. La temperatura era precipitata. Le sue membra erano ormai completamente intorpidite per il freddo, quindi decise di tornare a letto. Prima di farlo aprì l'armadio, prese due pesanti coperte e le stese sul letto, poi si tuffò sotto le coltri, nella speranza di riuscire a riscaldarsi un po' e riprendere sonno. Non ci riuscì. Si assopì soltanto per brevi periodi, il sonno tormentato da sogni nauseanti. Quando finalmente crollò fu ridestato dall'insistente suono della sveglia.
Spalancò gli occhi, si massaggiò a lungo il naso, diventato quasi insensibile, poi si alzò. Indossò due paia di calze, e aggiunse un paio di spessi calzettoni da montagna. Indossò i pantaloni su quelli del pigiama, una camicia felpata, due maglioni e un giaccone. Infine i guanti e un berretto, ma continuava a sentire molto freddo. Andò in cucina, con l'intenzione di preparare una bevanda calda. Aprì la manopola del gas, ma non accadde nulla. Notò che anche la caldaia si era spenta. Allora scaldò un tazzone d'acqua nel forno a microonde e si preparò un caffè solubile. Lo bevve bollente. Il beneficio durò poco. Cercò di aprire la finestra ma non ci riuscì, la serratura era gelata. La riscaldò usando un accendino finché non riuscì a forzarne l'apertura. Scostò a fatica le imposte e guardò fuori. La strada era ricoperta da uno spesso strato di brina. Non c'erano automobili, non c'erano passanti. Richiuse la finestra e la sigillò usando degli strofinacci. Accese la radio: si sentiva soltanto un debole ronzio. Provò con la televisione e sullo schermo apparve la desolante scritta: nessun segnale. Il freddo aumentò ancora e iniziò a tremare. Decise di prepararsi un altro beverone caldo ma dal rubinetto non usciva più acqua. Cercò disperato una bottiglia di acqua minerale ma non la trovò. Si sedette al tavolo della cucina, la testa tra le mani. Poi si riscosse e afferrò il telefono. Digitò il numero dell'ufficio ma la linea era muta. In un accesso di rabbia scagliò a terra il telefono. Poi cercò di calmarsi. Si trattava di aspettare. Tra breve sarebbe sorto il sole, acqua e gas sarebbero state ripristinate. Trascorse quasi mezz'ora ma non accadde nulla. Anzi, il freddo aumentò ancora di più. Batteva i denti, le spalle erano rigide, non sentiva quasi più le gambe. Riacquistò un po' di lucidità. Tornò nella stanza da letto, prese una pesante sciarpa e se la avvolse intorno al viso. Tolse il piumone e lo drappeggiò attorno al corpo. Andò in salotto e si distese sul divano. Proprio in quel momento le luci si spensero. Chiuse gli occhi. Strano, pensò. A causa del freddo non era riuscito a dormire. Adesso che il freddo era notevolmente aumentato, aveva sonno. Quasi senza rendersene conto si assopì. E fu la sua ultima volta.
Le navi arrivarono il giorno dopo. Erano milioni di enormi vascelli, e oscurarono il cielo. Si posarono ovunque sul suolo ghiacciato. Iniziarono rapide le operazioni di stivatura.
Un essere mostruoso - oppure solamente diverso - si fa strada nell'ingresso di un palazzo. Sale le scale, dai gradini rivestiti di uno spesso strato di ghiaccio, e sfonda la porta di un appartamento. Vi si introduce, si guarda attorno. La cucina è vuota, e così la stanza da letto. In salotto una forma allungata, ricoperta di ghiaccio, è adagiata su un divano. L'essere la stacca dal giaciglio, la solleva senza alcuno sforzo e la passa a un compagno che nel frattempo lo ha raggiunto.
Al termine dell'operazione, che dovrà essere molto rapida, ci saranno scorte per non più sei mesi, riflette tra sé l'essere mostruoso o forse semplicemente diverso. Poi si dovrà ricominciare a cercare, pensa. E nel frattempo ci si dovrà nutrire solo di cibo congelato. Quanto sono odiosi, i cibi surgelati!