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domenica 11 settembre 2016

PERDITA E ASSENZA


L'ultimo l'ho perso poco tempo fa.
Prima ce ne sono stati altri, e la faccenda è seria. Ci si chiede quando sia nata la consapevolezza dell'importanza di tale tipo di rapporti. Scavando nella memoria, il lampo di coscienza risale a un'età ormai lontana, quella infantile.
A. è seduto accanto a me, sul banco di scuola. Dapprima presenza estranea, quell'essere minuto e impiccione a poco a poco diventa cospetto familiare. Lo scambio di una matita, il prestito della gomma, un commento bisbigliato, elementi che avvicinano, che creano un legame. Da un giorno all'altro, dopo pochi mesi di conoscenza, A. scompare. La sua famiglia si trasferisce, lui non lo vedrò mai più. Non esistono ripieghi, la sensazione di perdita è grande, impossibile da colmare. Non c'è possibilità di sostituzione nell'immediato. Il tempo tuttavia lenisce il dolore, attenua la privazione, genera nuove opportunità. In alcuni casi la perdita si trasforma in assenza.
Con V. si instaura un vincolo di nuovo genere. Più adulto, più virile. Lottiamo, ci scontriamo a pugni su ring immaginari, sfidiamo il pericolo con spericolate corse in bicicletta. Esploriamo le vecchie case abbandonate e diroccate. Camminiamo interi pomeriggi tra i boschi, armati di coltello e di fionda e di piccoli machete, con i quali tagliamo spezziamo mozziamo rami e fronde, dominiamo quella giungla in miniatura. Diamo la caccia ai passeri, distruggiamo spietati le capanne delle bande rivali, che non vediamo l'ora di affrontare. Cosa che non avviene mai. V. non ama lo studio, lui preferisce i lavori manuali. La sua abilità è sorprendente, gli schiavisti della fabbrica non se lo lasciano sfuggire. Al termine di tante scorribande ci ritroviamo entrambi prigionieri, rinchiusi tra quattro pareti. Un muro. I muri dividono, i muri allontanano, i muri impediscono il contatto e lo scambio. I muri, alla fine, separano in maniera definitiva, per sempre.
Tra imprigionati, tuttavia, si finisce con il solidarizzare. Ci si guarda intorno, si cerca di individuare chi, tra tutti, appare più simile. Si ricercano le affinità, gli interessi comuni, le passioni condivise.
G. corrisponde a tutto questo, ma nel legame che si viene a creare è assente lo slancio. Si trascorre il tempo insieme, quasi tutto il tempo libero. Si studia, si scambiano facezie, si corre senza convinzione, e senza grande bravura, dietro a un pallone su prati che uno dopo l'altro, quasi fosse una magia, spariscono davanti ai nostri occhi per lasciare posto a scheletri di palazzi. Quando tali edifici saranno terminati, finirà anche il percorso comune con G. Mi rimarrà il suo ricordo, abbastanza piacevole, e nulla di più. Ognuno di noi due ha avuto, per un periodo della vita, bisogno dell'altro. Per crescere, per spartire le paure e le insicurezze dell'adolescenza. Adesso però è il momento di cambiare, tutto ciò che ci accomunava sembra essere scomparso. Una perdita che diventa assenza.
B., a differenza di tutti gli altri, c'è quasi sempre stato. Una presenza ingombrante, scomoda, sporca, che ha attraversato molte età. Ci univa lo sport, quello praticato, ma soprattutto l'amore per la musica e per la letteratura. Non soltanto i muri dividono, a separare gli individui provvede anche la distanza fisica. E così è stato per noi. Non una grande distanza, ma tale lontananza si è rivelata fatale, decisiva. Tutto ciò che era stato si è dapprima attenuato e poi spento. La perdita è dolorosa, ben più dell'assenza.
L'ultimo invece l'ho perso poco tempo fa. Ciò che è più recente è ciò che fa più soffrire. Non ne parlo, preferisco non farlo perché non sono ancora pronto, non c'è stato il tempo per la necessaria rielaborazione.
Sì, l'ultimo l'ho perso poco tempo fa, e adesso non ho più amici.