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domenica 16 agosto 2015

MIGRANTI



È dura la critica della Conferenza Episcopale Italiana nei confronti di opportunisti politici e demagoghi vari che utilizzano la questione dei migranti per beceri scopi propagandistici ed elettorali. Ma lo è altrettanto nei confronti del governo accusato di completa inerzia nell’affrontare un problema così spinoso. Allora, si sa che spesso gli alti prelati della CEI sono abituati a farla fuori dal vaso, a ingerire in maniera indebita, ma questa volta no. Hanno ragione. Lo stato italiano, riguardo il tema in oggetto, appare completamente impreparato e inadeguato, si limita a lanciare accuse all’Europa (solo in piccola parte vere) e a tentare di coinvolgere, in maniera goffa, le amministrazioni locali, nel tentativo di smistare confusamente gli sventurati profughi sull’intero territorio nazionale, coinvolgendo e mettendo spesso in difficoltà sindaci e presidenti di regione che non dispongono di risorse necessarie per garantire una dignitosa accoglienza ai migranti. Lo stato è colpevole, dunque, ma è soprattutto colpevole (l’attuale governo ma pure tutti gli altri che lo hanno preceduto) di non aver mai messo a punto a una seria politica sull’immigrazione. L’attuale caos è inevitabile.
Parliamoci chiaro: la maggior parte dei migranti arrivati finora sul territorio nazionale rimarranno nel nostro paese (e molti altri ne arriveranno finché non saranno risolte alcune complicate situazioni politiche in Siria, in Libia e in altri paesi). Le azioni di respingimento, si sa, non sono facilmente attuabili e, in ogni caso, rischiano di essere disumane. Anche sul fronte dei soccorsi in mare (da quando non è più attiva l’operazione Mare Nostrum) la situazione non è buona, anche se negli ultimi tempi è lievemente migliorata con il maggiore impegno dell’Unione Europea. Ciò non è comunque sufficiente per scongiurare nuove vittime tutti i giorni. È indispensabile creare al più presto corridoi umanitari legali per consentire a chi fugge da guerre e persecuzioni di cadere nelle mani dei cinici scafisti e di non rischiare la vita.
E dopo, che fare? Come detto prima è necessario affrontare la questione in maniera diversa. Mettere mano a politiche che non guardano solo l’emergenza, o il mese dopo. No, tali politiche devono essere a lungo termine, dieci anni, vent’anni e più. I migranti devono diventare da problema a risorsa. Servono politiche di integrazione efficaci che, necessariamente, devono passare da casa, scuola, lavoro e ridefinizione delle norme per l’acquisizione della cittadinanza.
Non importa se lo dice pure la CEI, in ogni caso facciamolo.



venerdì 14 agosto 2015

LE BELVE DI DON BOSCO



Torino, la città post-industriale, della Mole, della Sindone. Torino, la città dei caffè, dell’esoterismo, dei santi. Già, dei santi. Proprio in questi giorni, in pieno agosto, si festeggiano i duecento anni dalla nascita di don Bosco. Per l’occasione sono arrivati in città giovani (e meno giovani) da tutta Italia, da tutto il mondo. Un appuntamento pacifico e gioioso (in teoria). E li vedo, questi ragazzi colorati, e finalmente mi capita anche di incontrarli da vicino.
È tardo pomeriggio, ed è in corso un violento temporale. Vedo arrivare il bus e mi precipito, inseguito da un branco di selvaggi urlanti. Eh sì, sono proprio loro, i famosi (famigerati?) ragazzi di don Bosco. Saliamo sul mezzo, e quelli iniziano a spintonare, ad accalcarsi, a ignorare la presenza degli altri pochi passeggeri. Saturano il bus con la loro chiassosa e incivile presenza. Le urla, le grida, gli strepiti aumentano sempre più di volume. Qualcuno canta a squarciagola, canzoni di matrice religiosa che appaiono incongrue, sguaiate. Nessun rispetto per nessuno, esistono soltanto loro, gli altri passeggeri sbalorditi irritati atterriti storditi non contano nulla. Non esistono. Una delle belve non esita a promuovere il luogo di provenienza del branco. Non dirò qual è, non vorrei essere accusato di intolleranza, razzismo o peggio. Dirò soltanto che si trova in Italia, e che è il capoluogo di una regione del sud. Un’isola. Basta così o divento politicamente scorretto.
Il percorso di poco più di un quarto d’ora si trasforma in un incubo infinito. Alla fine, giunti in prossimità di una stazione, le porte si spalancano e i primitivi sciamano fuori, continuando a urlare. 
Caro don Bosco, povero don Bosco, ti chiedo scusa perché loro, le belve, non lo faranno mai.



domenica 9 agosto 2015

LA SAPONETTA


Acquistare una saponetta dovrebbe essere un’operazione piuttosto semplice, ma non lo è quando uno si porta sulle spalle due esseri così ingombranti. Due presenze assai scomode, che non perdono occasione per baruffare tra loro, che mettono becco in ogni questione, anche in quelle pratiche che non li dovrebbe riguardare. È fastidioso, mentre si è impegnati in una qualsiasi faccenda, udire di continuo quella vocetta soave, mielosa, pedante dell’uno, oppure subire gli scatti d’ira e le improvvise collere dell’altro, sentire i suoi piccoli zoccoli che ti tormentano la pelle della clavicola. È necessario possedere una grande dose di pazienza, vi dico.
Mi aggiro tra le corsie del supermercato finché non individuo ciò che sto cercando: lo scaffale delle saponette. Si sa, non è più come una volta, oggi pochi usano le saponette. La maggior parte delle persone (tra quelle che si lavano) preferisce impiegare altri prodotti: saponi liquidi e roba simile. Io sono un conservatore, o un nostalgico se volete, e prediligo invece la vecchia buona saponetta, da far scorrere tra le mani, da manipolare finché non produce tanta schiuma profumata. L’assortimento di  saponette esposto non è di grande varietà, ma è comunque sufficiente per rendere indecisa la mia scelta, una scelta che preferirei fare da solo, senza essere condizionato da chi sapete voi.
Mentre esamino le varie saponette quello appollaiato sulla spalla destra inizia a berciare.
“Prendi questa” dice. “È all’essenza di muschio dolce, oppure quella, alla pesca, deve essere deliziosa, o quest’altra, al ciclamino. Senti che profumo angelico!”
L’altro, quello rannicchiato sulla spalla sinistra, tace sdegnato.
Annuso le varie saponette, tutte buone, ma tutte dalla fragranza eccessivamente dolciastra. E poi non mi persuade la loro consistenza, troppo morbida. Scuoto il capo, mi rivolgo all’amichetto di destra.
“No, non mi convincono. L’ultima volta ti ho dato retta ed è stato un disastro, quella saponetta che mi avevi consigliato si è sciolta nel giro di pochi giorni e si è trasformata in poltiglia.”
Lui assume un atteggiamento offeso. Per essere un angelo è piuttosto permaloso.
Continuo a scorrere lo scaffale, prendo in mano l’ennesima saponetta.
“Quella! Quella! Prendi quella!” È lui, il diavoletto, che si anima all’improvviso.
“Ehi! Non gridare” lo rimprovero. Tutto inutile.
“Quella! Quella!” insiste. È indemoniato (!), ha quasi la bava alla bocca mentre continua a puntare il dito verso la saponetta che tengo in mano. Allora decido di accontentarlo, lo so che a quelli come lui piacciono soltanto queste, e metto nel carrello la mia nuova saponetta allo zolfo.  


I SUONATORI



Che cosa? Mi stai chiedendo chi sono i migliori? Be’, i migliori sono i suonatori. Hai presente quando indugi un attimo a ripartire al semaforo e subito qualcuno inizia a strombazzare? Ecco, si tratta di uno di loro, e loro sono tanti. In fondo non hai commesso nulla di grave. Ti sei distratto un po’, hai dato un’occhiata a ciò che ti circonda, hai visto una madre con un bambino, un anziano che lentamente attraversa la strada, un veicolo curioso. Ecco ciò che hai fatto, quello che ti ha reso colpevole agli occhi di chi, dietro di te e inscatolato come te, non ha la pazienza di aspettare qualche secondo in più. Ti domandi il perché. Dove mai dovrà andare quell’individuo, quale sarà la sua urgenza? Probabilmente non dovrà andare da nessuna parte, magari starà tornando a casa da una moglie che da anni non gli piace più, forse starà andando al bar, dove gli amici lo aspettano per ubriacarsi, oppure in qualche sala scommesse. La realtà è questa: chi ha veramente fretta non si comporta in questo modo, chi invece non ha nulla da fare di importante sfoga la sua impotenza, la sua incurabile frustrazione, la sua stupida prepotenza tormentando il clacson.
Come puoi reagire di fronte a tali atti arroganti? Innanzitutto, con il pensiero, formulando mentalmente l’epiteto che più preferisci: idiota o imbecille mi sembrano entrambi adatti, ma se prediligi qualcos’altro fai pure. Poi, non devi mai gesticolare, mi raccomando. Quel ceffo si sentirebbe più importante se si accorgesse di avere attirato la tua attenzione, provocato il tuo disappunto, la tua rabbia. No, la reazione deve essere di completa indifferenza, l’atteggiamento che sempre devi avere nei confronti di ciò che è inutile, che non ha alcun rilievo. Ti devi convincere che in quella vettura che segue la tua all’interno non c’è nessuno.