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sabato 25 ottobre 2014

IL MIO AMICO BILLY


Niente da dire, io al mio amico Billy ci sono proprio attaccato. Se, quand’ero bamboccio, ci fossi già stato amico, non avrei avuto problemi a fare quel tema che la maestra coi baffetti ci dava sempre a inizio anno: “Parla del tuo migliore amico”. Invece nisba. Primo perché io di amici non ne avevo, secondo perché non sapevo scrivere una cippa.
Poi è arrivato Billy. Mi ricordo quando il direttore, che tutte le volte che entrava in classe ci cagavamo, ce lo ha presentato. Perché era nuovo, il bamboccetto biondo. Alla fine lo hanno fatto sedere proprio vicino a me, dal momento che nel banco stavo da solo. Intendiamoci, non che fossi isolato perché facevo odore o robe simili. No, ero considerato da tutti un po’ fuori centro. Insomma, una specie di piccolo teppista. Fumavo già e dicevo un sacco di parolacce, e poi mi piaceva rubacchiare un po’ di cose ai miei compagni e se c’era da menare le mani sicuro che non mi tiravo indietro. Invece con Billy sono andato subito d’accordo. Ho capito all’istante che lui era un tipo un po’ particolare, di quelli giusti insomma, anche se allora non ne sapevo il motivo. Sì, ci siamo subito presi e siamo diventati inseparabili, anche se eravamo tanto differenti: lui alto e biondo e tutto pulitino, il sottoscritto piccolo e nero e un vero bastardo. Io lo difendevo quando gli altri vigliacchi lo volevano riempire di botte, lui mi insegnava tante cose, perché quello ha la mente fina, credetemi.
Dirò la verità: da principio mica lo chiamavo Billy, perché il suo vero nome è Guglielmo. Ma io mi vergognavo un po’ a pronunciare quel nome. Mi sembrava che sulla mia bocca non ci stava molto bene. E gli dicevo sempre ehi tu! oppure ’scolta!, tanto che alla fine si è smarronato e m’ha detto: perché non mi chiami Billy che tanto Guglielmo non piace neppure a me che è tanto roboante. Mica sapevo cosa voleva dire quel parolone, lui ne usava talmente tanti!, però gli ho detto: va bene d’accordo da adesso ti chiamo Billy. E così è stato.
Poi, quando oramai eravamo davvero amici per la pelle, mi ha confidato di essere nato in Svizzera. Cioè, per la verità lui non ha proprio detto nato ma concepito. Un altro parolone dei suoi che mica sapevo il significato. Non ho chiesto spiegazioni e neppure sono andato a cercare sul vocabolario, perché quello l’avevo dato via in cambio di una pistola ad aria compressa. Però ci ho ragionato su e alla fine ho capito che concepire vuol dire quando un uomo e una donna scopano e lei ci rimane. Si vede che i genitori di Billy preferivano trombare in Svizzera piuttosto che qua da noi. Magari è più comodo farlo lì, mi sono detto allora; ma poi dopo ho capito, appena mi sono sbambocciato un po’.
Sempre insieme, io e Billy, anche se eravamo mica d’accordo su tutto. Ma quelli come lui sono diversi, si capisce. Prediamo il pallone, per esempio. Io naturalmente tenevo ai gobbi e mi piaceva andare allo stadio. Anche a Billy ci piaceva venire, ma mentre guardava la partita storceva sempre un po’ il naso. Il pallone nostrano è tutta una merdata, diceva. Lui teneva al Real Madrid, di quei cagoni con la maglia a strisce non gliene fregava una sega. La squadra del Re! E poi principiava a sparare nomi come Puskas o Di Stefano che diceva erano stati i migliori giocatori del mondo mentre a me mi sembrava che quei tiracalci erano già pure morti. Ma questo non glielo dicevo. A ogni modo ci piaceva pure giocare, al pallone, perché giocare era meglio che guardare e poi, dico la verità, allo stadio io preferivo stare dietro agli ultrà che si mazzolavano piuttosto che a quei fighetti di calciatori. Billy comunque era un buon giocatore, elegante anche se un po’ mammoletta, mentre io randellavo come un pazzo. Avevo cambiato la pistola con un paio di scarpe da pallone usate, quelle con i tacchetti di ferro. Un po’ corte che mi riducevano tutte le unghie nere, ma che erano molto efficaci. Se qualcuno faceva un fallo a Billy io a quello ci andavo dietro finché non riuscivo a piantargli i tacchetti sulla caviglia e il coglione urlava come un porco quando lo sgozzano e se ne usciva dal campo su una gamba sola. Guai a toccare il mio amico!
Sempre insieme, io e Billy, tanto che qualche bastardo diceva che eravamo invertiti. Per la verità a me girano un po’ le balle a dire questa parola perché mi pare che sia molto meglio dire frocio, che tutti capiscono subito, ma adesso Billy non vuole che si dica frocio perché non è politicamente corretto, dice lui. Eccheccazzo c’entra la politica coi pigliainculo, gli chiedo: e lui ride. Eppure non c’è niente da fare, si deve fare così e basta, cosa dice il mio amico è legge. Quelli come lui sono così, non si discute. E poi che invertiti e invertiti! Sia a me che a Billy le ragazze ci piacciono eccome! Io da parte mia, o di riffa o di raffa, qualche volta riesco pure a inzuppare. Lui invece, sia perché è più raffinato e di cesse non vuol sentire parlare, sia perché è più timido, con le passerotte arranca che pare un disperato e non quaglia mai. Allora cerco di aiutarlo come posso, ma spesso combino casini. Capitato così con la brunetta del bar Cristallo. Billy ne era proprio infognato perso, ma quella zoccoletta non ne voleva proprio sapere. A lei fanno sangue i veri uomini, manda a dire, non i fighettini come il mio amico Billy. Quanto si sbaglia, la finta verginella! Non sa che lui è peggio di un toro. Quattro e quattr’otto glielo sono andato a dire. Provare per credere, ho fatto a quella schifiltosa. Da quando ha saputo del mio traffico, Billy si rifiuta di entrare in quel bar. Eppure, vi dico, era quasi fatta. Garantito.
Il mio amico Billy è figlio unico. Mi ha detto che i suoi vecchi hanno dovuto faccendare parecchio per metterlo in cantiere. Cosa vai a pensare? mi ha detto, vedendo che mi luccicavano gli occhi all’idea di quei due che ci davano dentro di continuo, giorno e notte e mattino e sera. Poi mi ha spiegato e allora ho capito tante cose. Stavo quasi per chiedergli scusa ma poi non l’ho fatto, tanto so che mi conosce e che mi vuole bene lo stesso. Quindi, ricapitolando, fratelli e sorelle per Billy neanche a parlarne. A me è capitato il contrario; a casa nostra la nidiata era bella numerosa. Ho passato l’infanzia circondato da smorfiosette e rompicoglioni di tutte le taglie. Per forza ho dovuto imparare a fare a botte! Billy invidia la mia famiglia così numerosa, e dice che tutti devono avere il diritto di poter avere dei figli, in un modo o nell’altro, costi quel che costi, ed è perfino favorevole alle adozioni per le coppie di fai-di-dietro o di lecca-lecca. Caro socio, qua siamo mica tanto d’accordo, ma questo me lo tengo per me.
Sempre insieme, io e Billy, e intanto, a forza di mangiare schifezze, siamo cresciuti. Io la scuola l’ho mollata subito, mica volevo ritrovarmi con il culo quadro. Tanto da quegli stronzetti di insegnanti ho imparato zero. Adesso faccio l’idraulico. Spieghiamoci: in verità faccio solo l’apprendista, porto gli attrezzi e mi occupo dei lavori sporchi, perché fare l’idraulico è mica solo rose e fiori, a volte c’è di mezzo pure la merda. Però se si riesce a ingranare con ’sto mestiere poi si guadagna bene. E si entra nelle case dove ci sono le madamine da sole con indosso la vestaglia e niente sotto. Hanno una voglia, quelle! Il mio principale, panzone e imbranato, non ci combina mai niente. Ma aspettate che il sottoscritto entri in azione da solo e poi vedrete quante ne castigo!
Il mio amico Billy invece ha continuato a studiare. Quelli come lui non possono che studiare. Fa economia e ha quasi finito. Dice che poi piacerebbe anche a lui fare l’idraulico oppure il falegname o quelle robe lì. Chi lo capisce quello? Se ne potrebbe stare con le mani in mano, zampe pulite oltretutto, e invece se le vuole lordare. È proprio strano il mio amico, ma io so il perché. Lui è diverso, è diverso perché è stato concepito dentro una provetta. Ma a me non importa, perché al mio amico Billy ci sono davvero attaccato.